VIA VOLONTÈ NUMERO 9
sceneggiatore, autore: Emilio Marrese
TITOLO: Via Volontè Numero 9
ANNO: 2009
GENERE: Documentario
DURATA: 54'
PRODUZIONE: Fandango
SINOSSI
uesta è la storia di una casa, di una palazzina alla periferia Nord di Roma, Via Volonté numero 9.
Questa è la storia di una casa occupata.
L'occupazione è avvenuta la mattina del 3 novembre del 2007.
Ci abitano famiglie con bambini in prevalenza italiane, anzi romane, gente normale che lavora onestamente. Quasi tutti precari, ma c'è anche chi è assunto regolarmente in un'azienda che fornisce elettricità e chi in un bar; operai, traslocatori, addetti alle pulizie aeroportuali o alberghiere. Con stipendi che però non bastano a pagare un affitto coi prezzi correnti sul mercato. E chi di loro non aveva una casa di famiglia, neanche da condividere con altri parenti, al primo rovescio s'è trovato in mezzo alla strada.
La peculiarità di questa occupazione è che rappresenta in modo emblematico il mutamento in atto nella nostra società. Le persone che lo abitano sono quelli che i media definiscono i nuovi poveri: famiglie che anche con 1200 euro al mese, il salario medio di un capofamiglia, non riescono a sopravvivere se due terzi se ne vanno in affitto e bollette. Qualcuno di loro ha alle spalle errori di gioventù e ha già pagato il conto con la giustizia o con se stesso, rimettendosi in carreggiata. Ma la maggioranza degli inquilini abusivi di via Volonté non ha alcuna dimestichezza con l'illegalità. L'occupazione di uno spazio altrui è stato per loro il primo reato commesso nella vita; non senza scrupoli, tentennamenti, paura, disagio. E vergogna.
Sono fantasmi: hanno occupato una palazzina che non risulta ancora nelle mappe ma hanno ottenuto, alla fine, un regolare certificato di residenza.
Il film racconta cosa significa occupare una casa e come lo si fa.
Racconta l'organizzazione e la vita all'interno di un'occupazione: i problemi quotidiani, la suddivisione dei compiti, la condivisione degli spazi e del tempo libero, il mutuo soccorso, i rapporti con il vicinato e con le autorità, l'imbarazzo dei figli che a scuola non vogliono dire dove abitano, l'angoscia che a ogni alba possa entrare la polizia e buttarti fuori.
Quando si parla di case occupate si immaginano edifici della peggiore edilizia popolare o ex fabbriche in stato di abbandono, magari fatiscenti e pericolanti, adibiti a centri sociali per giovani chiassosi o popolati da borderline ed emarginati a vario titolo. Non è sempre così.